le interviste di Sol
Yuri Di Benedetto, candidato del PC: 'Il nostro è l'unico programma di lotta per un reale cambiamento di sistema'
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Yuri Di Benedetto, candidato del PC: 'Il nostro è l'unico programma di lotta per un reale cambiamento di sistema'
'Le elezioni per noi sono un mezzo, non il fine. Sogniamo un'Italia forte, indipendente e socialista'
ARTICOLO CHIUSO AI COMMENTI. E' alla guida del Partito Comunista dell'Umbria, candidato alla Camera insieme a una nutrita pattuglia di ragazzi, che compongono una delle liste più giovani dell'intero panorama elettorale. Yuri Di Benedetto, partendo dall'appuntamento elettorale, descrive il programma del PC.
Di Benedetto, ma non era tutto finito nel 1989? "Sono contento di partire con questa domanda. Tranne poche eccezioni, infatti, quasi tutti noi siamo
nati dopo il 1989, il che vuol dire che non possiamo avere nostalgia di nulla e che, soprattutto, non siamo degli 'sdoganati' da chissà quale precedente esperienza. Siamo una realtà nuova, che parte dai bisogni concreti della gente".
E allora, prima di parlare di programmi e di tematiche nazionali e locali, una domanda al segretario regionale del PC Umbro. Parlami dell'esperienza della costruzione di questa realtà. "Il PC in Umbria è giovanissimo, ufficialmente ha un anno di vita. In un anno abbiamo creato ciò che tutti credevano impossibile, cioè un partito, una struttura di base con una copertura su tutto il territorio regionale in termini di sedi e di iscritti. Da Terni all'Alto Tevere, siamo presenti ed in crescita. Il tutto senza ricevere un euro da nessuno, ma solo con il nostro lavoro militante, le nostre collette per pagarci le spese, dalla benzina all'affitto delle sedi. E' ovvio che tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l'apporto del Fronte della Gioventù Comunista, che è fondamentale perché ci dà un forte apporto nei vari luoghi in cui è radicato, tra cui Perugia".
Perché votare comunista alle prossime elezioni politiche? "Perché è l'unica scelta logica, l'unica realmente alternativa a questo sistema. Se guardiamo le tre principali alternative in lizza, vediamo che si muovono su opinioni variabili a seconda dei temi affrontati, ma nessuno dimostra di avere una visione complessiva della società. Il PC è l'unico che ha un'idea chiara ed alternativa di come dovrebbe essere la società nella sua interezza, e non un'opinione su qualcosa. Per esempio: com'è possibile che oggi disponiamo di tutti gli strumenti per stare tutti meglio ma, al contrario, viviamo tutti in condizioni peggiori rispetto a venti anni fa? Il motivo risiede nel fatto che viviamo in una società che corre verso il profitto dei pochi a discapito del benessere dei molti".
Questi sono concetti che anche i movimenti di estrema destra fanno propri. "E' vero, ne parlano, ma l'estrema destra con il suo sovranismo è in realtà solo una finta alternativa. I neofascisti non fanno altro che confondere l'elettore: non parlano di società alternative, ma inneggiano alla lotta tra poveri. E' inutile parlare di sovranità nazionale se poi si mantengono comunque i privilegi dei padroni. Cosa cambia, per un lavoratore, se a sfruttarlo è un'impresa italiana o una multinazionale? La realtà è che l'estrema destra fa propaganda ma non ha una vera visione di un modello di società alternativa a quella capitalista. In ultima analisi la loro è una difesa dei privilegi che la classe padronale nazionale, incapace di adeguarsi al capitalismo globalizzato, rischia di vedersi strappati dai grandi monopoli finanziari sovranazionali. Ma, come dicevo prima, difendere i padroni italiani a scapito delle multinazionali non è una soluzione ai problemi posti dal capitalismo nella sua fase attuale".
Hai parlato di neofascisti: sei appena tornato dalla manifestazione a Macerata a seguito del folle gesto di Traini. Come leggi questo rigurgito neofascista sempre più dilagante fra i giovani e le classi disagiate? "La maggior parte di coloro che oggi si dichiarano fascisti, al di là degli elementi conclamati e ideologizzati che sono una minoranza, sono persone provenienti dalle classi popolari e lavoratrici, abbandonati, insultati e traditi da quella che era la sinistra da 40 anni a questa parte. E' lì che risiede la causa della nascita di questi movimenti neofascisti. Prendiamo ad esempio il problema delle case, dell'abitazione. A Roma ci sono 200 mila appartamenti sfitti e 30 mila persone senza casa tra italiani e stranieri. Il problema abitativo non esisterebbe, mi pare ovvio. Il fatto è che questi immobili sono quasi tutti di proprietà privata, mentre l'edilizia popolare è stata azzerata, con il risultato che c'è gente che non ha un tetto sotto cui dormire".
E' quindi ancora attuale parlare di antifascismo, secondo te? E come lo intendete voi? "Senza dubbio è attuale e necessario parlare di antifascismo ed essere antifascisti. Ma l'antifascismo, per noi, non può essere limitato alla mera testimonianza, né può essere inteso come una guerra fra bande. L'antifascismo va praticato combattendo le diseguaglianze sociali, che sono il prodotto di determinate politiche antipopolari, tornando nei quartieri, nelle periferie, con delle politiche, delle proposte costruttive. Contrastare l'avanzata dei neofascisti oggi consiste innanzitutto" nel cercare di riportare al centro delle questioni una visione di classe, da cui derivi la vera alternativa alla società per come è oggi concepita, ricca di discriminazioni".
Anche razziali? "Certo. A proposito di xenofobia, nel nostro programma c'è un passaggio che, da solo, ne disinnesca sul nascere ogni presunta giustificazione: sto parlando del salario minimo garantito di 10 euro l'ora, indipendentemente se sei uomo, donna, italiano o extracomunitario. Dieci euro e sotto non si può andare, per non prestare il fianco alle strumentalizzazioni nei confronti del fenomeno dell'immigrazione, cavalcato strumentalmente dalla destra populista a tutto vantaggio dei padroni. Una volta pareggiato il salario minimo, un italiano non vedrà più l'extracomunitario come colui che gli ruba il lavoro accettando un salario inferiore, ma come un semplice operaio suo pari. In questo modo il terreno per razzismo e xenofobia non sarà più fertile".
Parlavi di destra populista che cavalca l'immigrazione, ma mi sembra che la sinistra non faccia complimenti sotto questo aspetto. "Le visioni predominanti sono due: quella xenofoba della destra sia moderata che 'estremista', e quella cattolico-pietista della sinistra, che proprio della xenofobia ha prodotto la radicalizzazione. La visione romantica della sinistra, del migrante, del rifugiato... in realtà è una contraddizione in termini: gli uccelli migrano, non gli uomini. Siamo in presenza di un fenomeno di immigrazione di massa, dovuto a delle cause che sono da ricondurre alla politica internazionale dei paesi imperialistici che lottano fra loro per assicurarsi mercati e risorse creando guerra, fame e disperazione nei paesi del cosiddetto 'terzo mondo'. Siamo in piena crisi strutturale economica, dovuta alla finanza e alle sue derive speculative, con i gruppi monopolistici internazionali che si sono trovati di fronte a un bivio: cambiare in senso positivo la società, aumentando i posti di lavoro e migliorando le condizioni di vita, oppure comprimere i salari e distruggere i diritti di 300 milioni di europei per massimizzare i profitti. Ovviamente si è scelta questa seconda soluzione: cavalcare l'immigrazione per creare quello che Marx chiamava un esercito industriale di riserva, sfruttando la disperazione degli immigrati per tenere sotto ricatto i lavoratori europei e abbassare in questo modo il costo del lavoro, annullando i diritti sociali conquistati dalle lotte di generazioni di lavoratori".
E la risposta della politica, anche quella locale? "Non c'è. Non c'è perché si ragiona a compartimenti stagni, senza guardare il problema nella sua completezza e complessità. Qui a Spoleto, per esempio, il tema immigrazione lo si affronta con i provvedimenti antiaccattonaggio, come se fosse quella la soluzione".
E' chiaro che nell'attuale scenario politico il PC non ha alcuna possibilità di vittoria, anche se vi si deve riconoscere un programma tutt'altro che scontato e senza dubbio "di lotta". "Il programma del PC è irrealizzabile senza un cambiamento radicale della società. Ecco perché non è un programma elettorale ma è un programma di lotta, frutto di una visione completamente differente. Se vogliamo parlare di redistribuzione dell'edilizia popolare, ripresa degli investimenti statali nelle aziende strategiche, espropri senza indennizzo ecc, non possiamo che parlare dell'uscita unilaterale dall'Unione Europea, dall'Euro e dalle alleanze imperialista come la Nato".
L'Italia diverrebbe uno dei cosiddetti "Paesi non allineati". "Premesso che non sarebbe un'eresia: lo sono la Russia e altri 120 stati del Mondo, compresi tanti Paesi del bacino Mediterraneo (per esempio Marocco e Tunisia), con i quali l'Italia dovrebbe recuperare quell'importante ruolo diplomatico e di partenariato commerciale che ha ricoperto in passato. Ma sono ipotesi che non possiamo prevedere in questa fase. Una cosa alla volta e tempo al tempo. E poi c'è tutta la partita sulle energie rinnovabili, che dovrebbero essere già da anni un volano economico per il nostro Paese ma che, guarda caso, qui da noi non decollano".
Veniamo alla cosiddetta "Umbria la Rossa". Quanto rimane di quell'eredità politico-culturale seminata in passato dal Pci nella nostra regione? "La tradizione rossa è andata via ormai da tempo, c'è rimasta solo la destra a definire l'Umbria 'regione rossa'. tutto il patrimonio culturale, sociale e politico del Pci è stato dissolto in meno di 30 anni di esperimenti più o meno radicali ma tutti fallimentari: dalla trasformazione diretta del Pci nel Pd di Renzi, alle esperienze fallimentari di Rifondazione e compagnia cantando. La crisi occupazionale, dei diritti dei lavoratori e dei diritti anche civili degli individui ne ha risentito".
Eppure le prospettive agli inizi degli anni Novanta sembravano ben diverse. "Senza dubbio. Nel 1989, quando cadde il muro di Berlino, si disse che quella storia era finita e che tutti noi saremmo stati felici, che il progresso infinito della globalizzazione avrebbe donato a tutti pace e prosperità. Oggi, a 30 anni da quel momento storico, è legittimo tracciare dei bilanci, che non possono che essere disastrosi. Aver disarmato i lavoratori dell'unico strumento in grado di dare voce alle masse, cioè il Partito Comunista, ha fatto sì che ogni conquista ottenuta attraverso le lotte sociali degli anni precedenti sia stata in breve tempo perduta. Lo stesso dicasi per il mondo sindacale, un tempo forte e rappresentativo mentre oggi è prono e concertativo. E poi c'è da aggiungere che prima c'era l'Unione Sovietica".
Cioè? "La presenza di un forte polo socialista poneva il mondo capitalista nelle condizioni di dover per forza di cose concedere qualcosa alla propria classe operaia, poiché non poteva reggere il confronto diretto con quel mondo, all'avanguardia allora e impensabile oggi per noi. Oggi, infatti, per colpa della degenerazione, del revisionismo o, se si preferisce chiamarlo così, del tradimento della sinistra, dall'intellighenzia ai corpi militanti politici, si sono scambiati i diritti individuali con i diritti sociali. Pensiamo alle battaglie di oggi della cosiddetta 'sinistra': le unioni civili, l'accoglienza umanitaria, l'assistenzialismo. Si tratta di un appiattimento su retaggi cattolici che non appartengono alla classe lavoratrice. Non si parla più di diritti sociali, sanità pubblica, nazionalizzazione delle industrie strategiche, abolizione del jobs act - e sappiamo bene chi lo ha voluto e votato -, istruzione, diritti concreti che interessano la vita quotidiana delle persone".
Quali differenze vedi tra i principali schieramenti concretamente candidati alla guida del Paese? "Poche. Il Pd ormai è la voce della finanza internazionale e si fa portatore di politiche antipopolari per eccellenza (vedi ad esempio il Jobs Act); la destra, più o meno reazionaria o liberale, parla di una sovranità inesistente, senza considerare l'uscita dall'Euro in maniera concreta, dato che aspira a prendere il posto del Pd; infine i 5 Stelle, che si proponevano come alternativa a questo finto sistema bipolare, ma che sono invece emblematici per aver catalizzato il dissenso in maniera innocua, tirando il freno a mano su una possibile crescita della consapevolezza delle classi popolari. Queste 'alternative' si dimostrano essere le facce di una medaglia taroccata, a tre facce appunto".
Parliamo del territorio in cui sei candidato, la cosiddetta Area vasta (Foligno, Spoleto e Valnerina): quali sono le principali problematiche che vivi giorno per giorno? "Da 25enne ti dico che si percepisce la completa assenza di futuro. La nostra area è emblematica, desertificata e dismessa dal punto di vista industriale. C'è il completo abbandono delle città al loro destino, fino al collasso esistenziale. A volte sembra quasi un'allucinazione vivere qui, senza prospettive e senza capire in che modo è possibile rilanciare l'economia. E invece si potrebbe ripartire con il rilancio dell'agricoltura e delle fabbriche, ma serve un piano di sviluppo economico serio che valorizzi le peculiarità di Spoleto".
Per esempio la cultura... "Sicuramente. E' emblematico che nella città del Festival dei Due Mondi non ci sia alcun indotto culturale: arte, fotografia, scuole tecniche, attrezzisti, costumisti, ma anche un corpo di ballo, un'orchestra stabile, delle master class. Nulla. Dall'arte all'artigianato, Spoleto in 60 anni di Festival non ha espresso nulla di conseguente a questa grande manifestazione. Colpa di una politica miope e menefreghista, reiterata nel tempo. Lo si vede oggi davanti al fenomeno dell'immigrazione. Si guarda la superficie delle cose, senza entrare nel merito. Pensiamo alla ridicola ordinanza antiaccattonaggio, all'assenza totale delle istituzioni nelle vertenze delle nostre realtà produttive più importanti e poi l'assenza del sindacato, che non difende i lavoratori. Senza pensare al terremoto, poi, che ha dato il colpo di grazia a questo territorio. Ecco perché noi cerchiamo di dar vita a una risposta forte, popolare e organizzata. E dico anche che il piccolo commerciante che chiude, l'artigiano in difficoltà, sono alleati naturali dell'operaio che perde il lavoro. La proletarizzazione è oggi un processo che colpisce duramente i ceti medi. L'80% delle tasse viene dai lavoratori, o dalla pressione fiscale sui piccoli commercianti o piccoli imprenditori, cui hanno fatto credere di essere dei padroni, per poi essersi trovati senza più niente, senza soldi che sono stati usati per salvare le banche e risanare grandi imprese, trasferendo la ricchezza verso l'alto! Il capitalismo per capire è un Robin Hood al contrario. Ecco perché noi vogliamo ridurre le tasse per i lavoratori, tornare a criteri di forte progressività, tassare i grandi patrimoni e le multinazionali. Amazon, che oggi paga il 3% di tasse, è l'esempio concreto di quali interessi si perseguono realmente in questa società".
Prove di alleanze politiche? "Al contrario. Non dobbiamo più cercare alleanze politiche, ma alleanze sociali. Il ceto medio può e deve capire che non esistono scorciatoie".
A Spoleto si voterà due volte in tre mesi. "Prima di tutto è uno spreco economico inspiegabile. Si potevano unire i due appuntamenti anche per facilitare le forze politiche nella raccolta delle firme. Certo, così è chiaro che diventa tutto più difficile per le forze che nascono dal basso. E' il solito giochino del potere che non vuole intrusi nelle stanze dei bottoni. Ma è proprio a livello locale che si vede bene la contraddizione del sistema, soprattutto nelle forze politiche di governo o che mirano ad esserlo. Partiti e movimenti sono al loro interno divisi e lacerati da lotte interne, a cominciare dal Pd ma non solo. Il risultato è che il dibattito politico a Spoleto ne risente: non si parla più di politica, di prospettive, ma di favori, di buche nell'asfalto, di punti luce... non si pensa più a progettare il futuro di una città e della gente che ci vive, con il risultato che i giovani vanno via. Ho decine di amici che sono andati altrove, chi in altre parti d'Italia chi all'estero, magari a svolgere lavori fra i più umili in condizioni pietose, per poi tornare dopo uno o due anni con la coda tra le gambe. La situazione è drammatica sotto ogni punto di vista. Serve una risposta diversa. Spoleto si è svuotata, a fronte di una periferia gigantesca creata con speculazioni edilizie volute e incoraggiate dalla politica. Quartieri dormitorio, negozi in centro chiusi, case sfitte o svendute. Un modo di fare politica che è un gioco di sistema da spezzare radicalmente. Ma questo lo fai solo con un programma di rottura".
Mi stai dicendo che il PC correrà anche alle prossime comunali a Spoleto? "Penso di sì. Penso che ci potremmo proporre come forza amministrativa per provare a organizzarci anche a Spoleto, così come negli altri Comuni dove siamo presenti con le nostre sezioni. Vogliamo proporre un'alternativa al sistema attuale. Come si può pensare di salvare un territorio e di rilanciarlo se si è succubi del patto di stabilità?
Quindi uscireste dal patto di stabilità? "Subito, anche se è illegale. Nell'800 la schiavitù era legale, ma ciò non vuol dire che fosse giusta. Questo legalitarismo da due soldi non ha nulla a che vedere con i reali valori della cosiddetta 'sinistra', che oggi in Italia è rappresentata per lo più da individui che non mettono mai in discussione la legge. Ma se una cosa è giusta lo è indipendentemente dal fatto che sia o meno legale: forse è la legge che è sbagliata, e in questo caso va cambiata. Occorre sempre domandarsi: quali interessi tutela una determinata legge?"
Ma il patto di stabilità è stato introdotto per via del debito pubblico accumulato... "Accumulato da chi? Noi rifiutiamo unilateralmente il debito. Un'Italia socialista è esattamente il contrario di tutto ciò che abbiamo vissuto finora. Occorre ripensare completamente il modo in cui vengono spesi i soldi pubblici. Ad esempio: le spese per le missioni militari all'estero rappresentano miliardi di euro sciupati per interessi che non hanno niente a che vedere con i bisogni delle classi popolari. Potenziamo invece le infrastrutture, le scuole, gli ospedali, gli asili: tutto ciò che manca o che non è più all'altezza delle esigenze odierne, ma per fare ciò dobbiamo uscire dalla Nato, perché non è pensabile per un paese indipendente avere sul proprio territorio centinaia di basi militari straniere, noi siamo per un'Italia forte, indipendente e socialista".
Quindi il PC a Spoleto, se corre, lo farà indipendentemente dai risultati di marzo? "Certo. Perché le elezioni sono un mezzo, non il fine".
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