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Don Giovanni Merlini diventa Beato

 

Il rito si svolgerà il 12 gennaio a Roma nell'ambito del Giubileo. Ripercorriamo il suo legame con la città e la Chiesa di Spoleto

 

Il 23 maggio 2024 Papa Francesco, accogliendo e confermando i voti del Dicastero delle Cause dei Santi, ha dichiarato: “consta il miracolo, compiuto da Dio per intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Merlini”. Il Rito della Beatificazione si terrà a Roma il 12 gennaio 2025 alle ore 11.00 nella Basilica Papale San Giovanni in Laterano. Rappresentante del Sommo Pontefice sarà il Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi. Con lui concelebrerà il nostro Arcivescovo. Mons. Boccardo, poi, lunedì 13 gennaio 2025 alle ore 9.30, presso la parrocchia di S. Gaspare del Bufalo a Roma, presiederà la Messa di Ringraziamento. Don Giovanni Merlini sarà il primo beato dell’Anno Santo 2025.

Sul sito della Diocesi di Spoleto-Norcia è presente una "biografia di don Giovanni Merlini dove il filo conduttore è il suo legame con la Città e la Chiesa di Spoleto: da bambino, da studente, da prete diocesano, da Missionario del Preziosissimo Sangue. I testi li abbiamo estrapolati dal libro “Giovanni Merlini” di don Michele Colagiovanni, cpps (ed. Sanguinis – Roma 1977)".

1795

Spoleto appartiene allo Stato Pontificio. La vita vi si svolge tranquilla. Ci sono famiglie facoltose, benestanti, poveri e nullatenenti. Spoleto è una città calma, ha una popolazione in prevalenza clericale.

Luigi Merlini e Antonia Arcangeli, sposi da qualche anno, attendono un figlio 

Sperano e pregano che, dopo due femmine, sia maschio, così da poterlo impiegare nel negozio familiare (Drogheria & Pasticceria). Abitano in una casa decorosa nella contrada Apollinare (lungo l’attuale Corso Mazzini, angolo di via Cesare Detti). Luigi ha ventotto anni, Antonia venticinque. Giovanni nasce il 28 agosto 1795. Viene battezzato il giorno seguente nella Basilica Cattedrale, dove era presente l’unico fonte, anche se l’abitazione dei Merlini apparteneva alla parrocchia di S. Lorenzo. Come secondi nomi gli vengono dati Francesco e Gaetano. Luigi Merlini, nella Spoleto del suo tempo, può considerarsi un uomo agiato. È membro della Confraternita della Santa Croce, professa sentimenti papalini, è religiosissimo: partecipa alla Messa ogni giorno e si comunica ogni volta. La gente frequenta il suo negozio perché lo ritiene incapace di frodare. Antonia, invece, ha un carattere più schivo ed è considerata una donna virtuosa. La gente mormora che la casa dei Merlini è un convento di monache. Luigi non dà peso alle chiacchiere e non ci trova nulla di offensivo.

Mamma Antonia ha condotto il piccolo Giovanni a tante funzioni, in moltissime chiese di Spoleto 

Il bambino ha rivelato da subito una eccezionale vivacità. Gli ripete spesso la mamma: «Tu devi fare bene attenzione. Dipende da te essere tra gli amici di Gesù o tra i suoi nemici». Luigi è diffidente verso le scuole, dove ci sono infiltrati e teste calde, e mette le figlie femmine nel monastero di S. Ponziano e per Giovanni paga un precettore che viene a casa, il barnabita Raimondo Grandoni. Mentre Giovanni a Spoleto si prepara alla Prima Comunione, il 2 febbraio 1808 Napoleone fa occupare Roma dal generale Miollis. Il 14 settembre 1806 Giovanni si iscrive alla Pia Unione del Sacro Cuore di Gesù eretta nella chiesa di S. Pietro. Abitualmente frequenta la chiesa di S. Filippo, dove è un chierichetto esemplare: è il più assiduo nel servizio e il più composto. Nel 1808 riceve l’Eucaristia da mons. Antonio Maria Cadolini. In città si comincia a sussurrare che Giovanni finirà prete: lo dicono i padri filippini, lo dicono nella sacrestia di S. Ansano, lo dicono i vicini di casa, lo dicono le suore di S. Ponziano. Solo nella sua famiglia non se ne parla. Un giorno trova il coraggio e dice: «Voglio farmi prete». La risposta del padre è un rifiuto senza appello. Il conflitto col padre è duro, non c’è possibilità di dialogo. Antonia soffre per il marito e per il figlio. Giovanni va a scuola e nel tempo libero aiuta in bottega. Parallelamente alle difficoltà col padre, sviluppa un amore fortissimo verso la madre, che lo capisce. Giovanni un giorno chiede spiegazioni alla mamma: «Possibile che non possa seguire la mia strada?». Replica Antonia: «Una soluzione ci sarebbe. Se nascesse un altro maschio, in buona salute, il babbo non avrebbe difficoltà a lasciarti libero». E Giovanni: «Nascerà un altro maschio». Antonia dopo un po’ rimane incinta e l’8 gennaio 1809 nasce un maschio, che viene chiamato Pietro.

Don Gaspare del Bufalo. Il Merlini diventa accolito

Il 17 maggio 1809 l’imperatore, seccato dalla resistenza di Pio VII, dichiara finito il potere temporale dei Papi e annette lo Stato Pontificio alla Francia. Il Papa lascia Roma. In questo contesto il mondo cattolico romano dà segni di risveglio. Le iniziative più interessanti, per comprendere meglio il Merlini, sono la Lega Santa del canonico Gaetano Bonanni e la Pia Adunanza del Preziosissimo Sangue fondata dal canonico Francesco Albertini. La prima raccoglie i sacerdoti secolari che intendono dedicarsi alla predicazione; la seconda propone ai suoi aderenti la meditazione del prezzo della redenzione per generare in essi una riposta generosa. Uno dei seguaci di don Albertini è don Gaspare del Bufalo, giovanissimo prete, ordinato lo stesso anno in Giovanni Merlini ha ricevuto la prima comunione a Spoleto. I due sacerdoti, don Albertini e don del Bufalo, nel 1811 delineano l’istituto di “Maestre Devote del Preziosissimo Sangue”, le quali avranno il compito di educare la gioventù sotto il profilo cristiano, civile e devoto. Intanto i primi di marzo del 1813 il vicario capitolare di Spoleto, don Giacomo Filippo Lanzi, concede le dimissorie affinché Giovanni Merlini acceda al grado di accolito, che gli viene conferito il 13 marzo dal cardinale Annibale Della Genga.

La caduta di Napoleone

La battaglia di Lipsia, 16-19 ottobre 1813, vede Napoleone battuto. Le speranze di vedere libero il Papa e i sacerdoti iniziano a farsi concrete. Dovunque è un trionfo, una festa di popolo. Spoleto non è da meno: il corteo pontificio è stretto dalla folla, le finestre sono imbandierate e una pioggia di fiori mulina per l’aria. Nel tumulto, c’è anche un giovane chierico dagli occhi azzurri e capelli rossi: Giovanni Merlini.

Pio VII entra a Roma il 24 maggio 1913

La città è festante. Il Papa è tornato, ma la città è a pezzi. Accanto all’ignoranza e alla povertà, aggravate, spunta il brigantaggio. Il Papa e i suoi collaboratori si adoperano per sanare questa piaga. Alla base del programma restauratore viene posta una predicazione vasta e solenne per rassodare la fede dei vacillanti e richiamare alla fede i dispersi. Nel frattempo don Gaspare del Bufalo e il suo amico don Carlo Odescalchi chiedono di entrare nella Compagnia di Gesù, ristabilita dal Papa. Il Pontefice è stato informato di ciò, li fa chiamare e dice loro di abbandonare l’idea. Li invita ad animare il movimento delle missioni tra il clero secolare.

Don Gaspare del Bufalo predica a Giano dell’Umbria: nasce l’Istituto dei Missionari del Preziosissimo Sangue

Il 30 ottobre 1814 don del Bufalo predica una missione a Giano dell’Umbria, trenta chilometri lontano da Spoleto. A Roma, il suo amico e protettore, mons. Belisario Cristaldi, gli ha parlato di un vecchio convento abbandonato dagli agostiniani al tempo della soppressione. Don Gaspare ci va. S. Felice è un rottame. Accarezza i muri, è consapevole che quel luogo può rinascere. Tornato a Roma, stende un memoriale da presentare al Papa dove viene esposta a grandi linee l’idea della missione. Alla fine di novembre del 1814 il progetto è cosa fatta. Il 26 luglio 1815 i missionari partenti sono ricevuti dal Papa. Il 30 luglio don Gaspare è già a S. Felice. L’11 agosto giungono anche don Gaetano Bonanni, don Adriano Giampedi e don Vincenzo Tani. Don Gaetano, su proposta di don Gaspare, è nominato superiore della casa. Il 15 agosto 1815, dopo un triduo solenne, l’Istituto dei Missionari del Preziosissimo Sangue nasce ufficialmente a S. Felice di Giano dell’Umbria.

Le tappe di Giovanni Merlini verso il sacerdozio

Il ragazzo è esuberante e intraprendente. Il figlio del droghiere sa tenere a freno le masse e sa dare alle feste un tocco di chiassosità. In casa è un figlio esemplare, a scuola è un alunno modello. La vita religiosa di Spoleto lo vede sempre in prima linea. Giungono anche nella cittadina umbra carestia e colera: la morte fa scempio, le campane suonano in continuazione. Giovanni compie il cammino verso il sacerdozio mentre Spoleto registra queste pagine di storie amare. Studia con impegno. Le ricerche di archivio (perduto in gran parte con la soppressione napoleonica) non provano che il Merlini abbia dimorato in Seminario. Per quanto riguarda gli studi minori, frequenta le scuole dei padri Barnabiti a S. Ansano. Poi, frequenta le scuole pubbliche di S. Nicolò, dove insegnano sacerdoti spoletini e forestieri. Tra i professori di Giovanni c’è il lettore di Filosofia Luigi Ricci, che sarà vescovo di Segni: parla di Giovanni come giovane prodigio, al di sopra di tutti per saggezza interiore. Il 19 dicembre 1818  il Vescovo Francesco Canali lo ordina presbitero all’età di ventitré anni.

I primi impegni di don Merlini a Spoleto

Il clero di Spoleto, come ogni altro clero dell’epoca, abituato a condurre una vita quieta, scarica sul Merlini un cumulo di incombenze, che egli accetta di buon grado. Celebra abitualmente a S. Filippo, gli piace predicare, ha una voce sonora e potente. Gli piacciono molto le missioni e si dedica a questa forma di apostolato, molto in voga, già durante il primo anno di Messa. Tra il 1819 e il 1820 predica a Bazzano di sopra e a Bazzano di sotto, nel Comune di Spoleto. L’11 settembre 1819 è a predicare a Spiaggia. Durante i giorni di questa missione si fa un gran parlare della casa aperta dai Missionari del Preziosissimo Sangue a Pievetorina. Don Giovanni sa che i Missionari hanno la casa a Giano dell’Umbria: non ne ha che sentito parlare bene. L’intraprendenza di don Giovanni, anziché scuotere il clero spoletino, induce molti ad approfittarsi di lui. Una massa enorme di lavoro viene scaricata sulle sue spalle. Ma non si lamenta. Qualcuno commenta: «I preti di Spoleto hanno trovato il mulo. Lo faranno schiattare!». Un impegno al quale don Giovanni tiene in modo particolare è quello verso la gioventù studentesca: tutte le domeniche incontra e parla con i giovani del Ginnasio. Punta molto sulla gioventù per creare una nuova mentalità nella città di Spoleto. Fa sul serio e i giovani se ne accorgono e lo seguono. Non offre discorsi o frasi magnetiche. A chi urla una prospettiva migliore, dice: «Tu gridi, ma non serve a molto. Sono quasi duemila anni che è stato annunciato un mondo diverso e migliore; il migliore dei mondi possibili: quello fondato sulla legge di Cristo. È tempo di realizzarlo. Vuoi?».

Don Giovanni Merlini va a S. Felice di Giano dell’Umbria

Verso la fine del giugno 1820 don Gaspare del Bufalo inizia un corso di esercizi a S. Felice di Giano. La fama di questo prete-missionario romano è molto diffusa anche a Spoleto. Don Antonio Lipparelli, col quale don Giovanni usa raccogliersi in ritiro di tanto in tanto, propone di andare a S. Felice. Il Merlini accetta. Arrivano all’abbazia storditi. Il luogo non sorride, anzi è desolante. Don Antonio quasi si rammarica per aver coinvolto l’amico in questa avventura. Don Giovanni non parla, si guarda attorno deluso. Ma ecco don Gaspare. Si informa del viaggio. Chiede quali siano le loro occupazioni a Spoleto. «Avete obbligo di residenza?», domanda. E loro: «No». Riprende del Bufalo: «Siete dei perfetti missionari». E mentre lo dice posa il suo sguardo sul prete alto e rossiccio, don Giovanni Merlini. Al ritiro don Gaspare profonde tutto il suo ardore, presenta il messaggio cristiano nella prospettiva dei tempi, parla del dovere del sacerdote di essere testimone e banditore, parla della necessità delle missioni, dell’attesa dei popoli e del bene che si ricava predicando Cristo crocifisso e sanguinante. Oltre che dalla predicazione, don Giovanni rimane affascinato dal comportamento del fondatore: premuroso, serve gli ospiti a tavola, li visita in camera per informarsi che tutto proceda bene. Terminato il corso di esercizi, don Gaspare deve partire per una nuova missione a Torricchio e ha necessità di portare con sé l’unico compagno che ha a S. Felice. Propone allora a don Giovanni di custodire la casa almeno fino al rientro di don Gaetano Bonanni. Merlini accetta. Rimasto da solo, predica gli esercizi ad undici sacerdoti, con grande successo. Don Gaspare invita poi il Merlini a predicare una missione a Monte Martana. Durante i pasti di questa missione sollecita don Giovanni ad entrare nell’istituto. Il prete spoletino si schernisce. Chiede un colloquio riservato a don Gaspare per esporgli i suoi propositi, i suoi impegni a Spoleto, le sue difficoltà. Don Gaspare lo rassicura e pensa direttamente ad ottenere il permesso del Vescovo. Così il 15 agosto 1820 don Giovanni Merlini entra tra i Missionari del Preziosissimo Sangue. Fa qualche capatina a Spoleto, dove la sua scelta ha fatto scalpore. Don Giovanni rassicura i genitori dicendo: «La scelta che ho fatto è volontà di Dio». Il clero per non perderlo gli propone un canonicato nella chiesa collegiata di S. Pietro. Don Giovanni rifiuta e rientra a S. Felice. Si unisce al fondatore per la missione di Grutti. Il 16 settembre 1820 don Gaspare predica un corso di esercizi spirituali ai detenuti della Rocca di Spoleto. Al termine, incontra i genitori di don Giovanni e li rassicura.

Don Giovanni si mette al fianco di don Gaspare del Bufalo per predicare nelle missioni e per aprire nuove case in Italia

Di lui si dice: «È un perfezionista il prete di Spoleto». In tutti i servizi cui è chiamato, appena può si abbandona nella preghiera personale, specialmente il rosario. Altri dicono: «È un uomo che fa all’amore tutti i giorni colla sua sposa, la Chiesa: cioè il prossimo». Sulla scia di don Gaspare, percorre l’Italia in lungo e in largo per predicare: celebre è la missione popolare da lui diretta e predicata a L’Aquila nel 1826. A Sonnino ha costante e zelante cura pastorale per il paese, contesto nel quale i Missionari del Preziosissimo Sangue sono impegnati a sanare la tragica realtà pervasa dalla delinquenza e dal brigantaggio. Nel 1830 don Giovanni è nominato da don Gaspare presidente, economo e direttore del convitto a S. Felice di Giano dell’Umbria. Un ritorno alle origini. Nel frattempo lo Stato Pontificio ha preso fuoco al nord, ma brucia con rapidità e rabbia come fosse un cartone. L’arcivescovo di Spoleto è fuggito sui monti di Leonessa. Don Giovanni a Giano conforta i confratelli e i giovani: «Siamo nelle mani di Dio: che possiamo temere?», ripete. Il ritorno alla normalità è lento. Il 2 luglio del 1831 don Giovanni scrive a mons. Mastai Ferretti per dargli il bentornato a Spoleto. A settembre del 1831 don Gaspare invia don Giovanni a predicare a Pievetorina; andando, si ferma a Norcia dove è vescovo mons. Gaetano Bonanni dei Missionari. Il 28 dicembre 1837 muore a Roma don Gaspare. Don Giovanni era al suo fianco. A lui tocca tenere il discorso al funerale del “padre”. Viene eletto direttore generale don Biagio Valentini, un poeta. Ma non può dirsi che la scelta sia caduta su un uomo adatto al governo: non aveva perspicacia né visione di governo. Don Giovanni rimane a vivere ad Albano. In quella casa fanno capo tutti i problemi delle altre case. I missionari constatano la corposa personalità di don Giovanni in contrasto con l’evanescente figura di don Biagio Valentini. Alcuni però obiettano: il suo rifarsi sempre al fondatore non piace; poi si immischia troppo e in troppe cose. Gradualmente don Giovanni si trova escluso dal resto del governo dell’Istituto. Nel 1843 visita a Spoleto i suoi genitori, orami vecchi. Si trattiene con loro qualche giorno e poi sale in visita a S. Felice. Tra il 1843 e il 1845 don Giovanni vive un proprio calvario, viene ulteriormente isolato. La sua fede e la sua pazienza lo salvano. Nel 1846 viene eletto papa Pio IX, che don Giovanni conosceva quando questi era vescovo di Spoleto. Il 23 novembre 1847 muore don Biagio Valentini e don Giovanni, che era stato nominato proprio da don Biagio suo supplente, indice la direzione generale per l’elezione del successore. Don Giovanni Merlini ottiene otto voti favorevoli e due contrari. Accetta l’elezione.

Le adoratrici del Sangue di Cristo

Uno dei frutti più belli dell’apostolato di don Giovanni Merlini è il paterno aiuto dato a Maria De Mattias (oggi Santa, ndr) nel fondare le Adoratrici del Sangue di Cristo.

Orgia di sangue e festa di sangue

Il 1848 passerà alla storia come l’anno del rivolgimento di proporzioni vastissime e incontrollabili. L’amministrazione del governo ha bisogno di notevoli cambiamenti e le esigenze sono reclamate da una base sempre più infiammabile. A gran voce si richiede a Pio IX di dichiarare guerra all’Austria. Ma il Papa si considera “principe di pace” e non acconsente. Egli è tra l’altro Pontefice della Chiesa universale: quindi anche dei fedeli austriaci. La situazione però degenera. Il Pontefice è bersaglio di una campagna diffamatoria ed è costretto a lasciare il Quirinale e rifugiarsi a Gaeta. Don Giovanni in questo contesto si è sempre mantenuto sereno, condividendo le sofferenze del Papa. Di Pio IX è amico fin da quando, semplice sacerdote, Giovanni Mastai Ferretti, si fece missionario ausiliare del preziosissimo sangue. L’amicizia si rinsaldò quando il futuro Papa fu Arcivescovo di Spoleto. Don Giovanni, insieme a don Beniamino Romani, si reca a Gaeta in visita al Papa. Pio IX dice: «Finirà questo sconquasso, caro don Giovanni? Quando il vicario di Cristo potrà tornare a Roma?». Risponde Merlini: «Santità io penso che si versi tanto sangue umano perché non si riflette abbastanza bene che Cristo ha versato il suo sangue per rappacificare gli uomini fra loro e con Dio. Estenda la festa del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa universale, beatissimo padre, e potrò tornare a Roma prima che essa si celebri la prima volta. Noi della congregazione la celebriamo, come sa, il primo luglio». «Ci penserò, caro don Giovanni. Ci penserò», risponde il Papa. Il 10 agosto 1849 Pio IX promulga il decreto Redempti sumus con il quale estende a tutta la Chiesa la festa del Preziosissimo Sangue. Don Giovanni apprende questa bella notizia dalla diocesi di Sora, dove è impegnano in una missione.

Il Santuario della Madonna del Fosco a Giano dell’Umbria

Nel 1854 don Giovanni compie la visita alle case del nord: S. Felice, Spello, Pennabilli, Rimini, Macerata Feltria, Cesena, Ancona. Rientra a Roma per qualche giorno e poi parte per S. Felice dove inizieranno gli esercizi spirituali del clero di Spoleto. Don Giovanni si affaccia sulla soglia dei sessanta anni. Si adopera per preparare al meglio la casa: in pochi giorni tutto è in ordine, con un odore di pulizia e un aspetto di decoro che invitano a migliori pensieri. Ripete spesso don Giovanni ai suoi collaboratori: «Non dobbiamo mai dimenticare che Dio, prima di mettere al mondo l’uomo, gli ha messo in ordine la stanza». L’arcivescovo Arnaldi vuole fortemente questi esercizi per dare uno scossone al suo clero. Il corso deve essere occasione propizia per un risveglio dello zelo apostolico. Le vicende del tempo lo esigono. C’è molto scoraggiamento e anche qualche fuga. Non tutti i preti sono entusiasti degli esercizi: incontrandosi davanti al portone del cenobio lanciano frecciatine contro l’Arcivescovo che ha voluto scomodarli tutti. Gli esercizi vengono predicati da mons. Sillani. L’Arcivescovo da tempo vorrebbe ampliare la chiesa della Madonna del Fosco. Ma, confida a don Giovanni durante una passeggiata proprio verso la chiesa: «Tempo fa furono raccolti circa quattromila scudi per ampliare questo santuario. Il denaro è stato impiegato per la costruzione del coro della Cattedrale. Io penso che non sia stata una buona decisione». «Certo» – risponde don Giovanni – «la destinazione del denaro è quella decisa dall’offerente». Tornati a S. Felice mons. Arnaldi dice: «Dovrebbe essere affar suo, caro don Giovanni, l’ampliamento del santuario». «Lo farei volentieri – dice Merlini – ma in tutte le nostre case abbiamo lavori in corso e siamo anche con qualche debito». Replica il Vescovo: «Se non provvedete voi, che avete dato vita a questo deserto, chi potrà prendere a cuore il santuario?». Don Giovanni è confuso. Non replica. Si chiude nella sua camera e stende su un foglio il progetto di ampliamento: una chiesa a croce greca e include, come uno bracci, – quello dell’altare maggiore – la chiesetta esistente. L’Arcivescovo trova il progetto di suo gradimento. Il 20 agosto 1854 iniziano i lavori con grande entusiasmo. Don Giovanni stesso trasporta pietre e materiale per le fondamenta e quando è stanco da una mano ai muratori.

Il declino fisico e la morte di don Giovanni Merlini

La mente di don Giovanni, a mano a mano che il suo corpo invecchia, si protende verso il futuro. Nel 1867 ha superato i settanta anni: l’udito è fievole, la vista riceve solo barlumi, le gambe vacillano. Non è della sua indole ripiegare verso il passato, come accade spesso per gli anziani. Perciò don Giovanni promosse con tanto impegno la causa di beatificazione e canonizzazione di don Gaspare del Bufalo e ne richiama o ogni occasione i detti e gli esempi. Ad un confratello confida: «Il nostro venerabile padre mi disse un giorno che sarei morto per caduta».  Nel mese di settembre 1872 don Giovanni appare come l’ombra di sé stesso. Non è un’ombra scura, ma luminosa: persistono in lui la serenità e la gioia di sempre. Nessuno lo sente mai esprimere un lamento sugli acciacchi. Chiede di essere accompagnata alla chiesa di S. Andrea delle Fratte. Di ritorno, a pochi passi dal palazzo del Bufalo, si sente uno sferragliare impetuoso, lo schiocco di una frusta e la voce rozza di un uomo che aizza il cavallo. Non c’è neppure tempo di rendersi conto di quanto accade: la raggiera impazzita di una ruota, il mantello di don Giovanni che si impiglia nel mozzo, uno strattone violento. Don Giovanni si rialza e dice: «Non è niente». Ma è pallido. Torna a casa, si sforza di condurre una vita regolare, ma è costretto a confessare che non può: «È arrivata la caduta di cui parlava il nostro venerabile padre. Poco mi resta da vivere. Pregate per me». Il 9 gennaio 1873 è colto da una leggera febbre. Don Beniamino Romani si avvicina al capezzale dell’infermo e gli dice: «Don Giovanni, sarebbe prudente ricevere gli ultimi sacramenti. Vuole riceverli?». «Oh sì, con ansietà», risponde don Giovanni. Don Tommaso Silvestri amministra il viatico. L’infermo segue tutto il rito con grande attenzione. All’alba del 12 gennaio l’agonia è al culmine. Inizia il delirio. Poco prima delle sette il respiro cessa. Aveva 78 anni.

In vista della Beatificazione

Per la beatificazione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Merlini, la Postulazione della Causa ha presentato all’esame del Dicastero l’asserita guarigione miracolosa, attribuita alla sua intercessione, del Signor C. da “grave anemizzazione plurifattoriale secondaria a trattamento anticoagulante, con successiva sindrome emorragica, ematoma dell’ileo-psoas ed emorragia digestiva; insufficienza renale acuta; grave insufficienza cardiaca prevalentemente destra, fibrillazione atriale permanente; sindrome di Marfan; portatore di tubo valvolato aortico”. Il sanato, nato nel 1946 a Benevento, nel settembre-ottobre 2013 accusa angiodisplasia, con melena e anemizzazione. Sottoposto a diverse trasfusioni di sangue, il 27 ottobre 2014 è ricoverato all’Ospedale “A. Cardarelli” di Napoli per una grave anemia e melena. Viene dimesso il 18 novembre 2014 con diagnosi di “emorragia da polipo gastrico”. Nei mesi successivi vi è un ulteriore peggioramento della situazione clinica.  Il 23 dicembre 2014 è ricoverato presso l’Ospedale di Benevento, dove riceve numerose trasfusioni. Il 10 gennaio 2015 viene ricoverato, in condizioni critiche, presso l’Ospedale “A. Cardarelli” di Napoli. Il paziente alterna momenti di lucidità a momenti di intorpidimento del livello di coscienza. In questa situazione, per iniziativa di una nipote del sanato che frequenta la Parrocchia di Sant’Anna a Benevento, retta dai Missionari del Preziosissimo Sangue, i familiari cominciano a chiedere l’intercessione del Venerabile Servo di Dio. A partire dal 16 gennaio 2015, dopo l’apposizione dell’immaginetta con una reliquia ex indumentis di Giovanni Merlini nel letto del miracolato, si ha un improvviso e inspiegabile viraggio favorevole del decorso clinico, che porta il sig. C. a uscire dal pericolo di morte e a raggiungere condizioni di salute soddisfacenti. È stato, dunque, ravvisato, il nesso causale tra l’invocazione e la guarigione rapida, completa e duratura, non spiegabile scientificamente.



I commenti dei nostri lettori

Sergio Zinni

2 giorni fa

Una stupenda notizia che ci riempie di grande gioia!

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