cronaca

I Proto Umbri sopra Firenzuola

 

Alla luce un antico altare dei nostri antenati grazie all'archeologa Loredana Felli e all'esperto dei luoghi Nazzareno Laurenti

 

Un sito archeologico sopra Firenzuola? E’ ancora un’ipotesi, ma appare già piuttosto concreta alla luce del sopralluogo effettuato a colle Cedio dall’archeologa Loredana Felli, accompagnata dall’esperto locale Nazzareno Laurenti, scopritore del sito. Un sito, quello di colle Cedio, che si colloca a cavallo tra Firenzuola e lo Scoppio, nel Comune di Acquasparta e nel cuore dei Monti Martani, catena monutuosa mistica un tempo dimora dei Proto Umbri. E proprio dei Proto Umbri potrebbe custodire nuovi segreti, risalenti a ben prima di Roma.

“Apparsi a partire dal Paleolitico Inferiore – spiega la dottoressa Felli – i Proto Umbri sono sopravvissuti sino all’Età del Ferro, praticando la caccia e forme rudimentali di agricoltura. I loro insediamenti stabili erano dislocati nei territori di Todi, Amelia, Spoleto e Terni oltre che, come nel nostro caso, dei monti Martani”.

Profondamente legate ai culti della natura, le antiche popolazioni umbre erano solite insediarsi lungo i fianchi delle montagne, dominate in sommità – punto di contatto fra l’umano e il divino – da templi e zone sacre. Una di queste potrebbe essere proprio il sito di Colle Cedio.

“Questa area – riferisce l’archeologa – oggi è di difficile accesso, ma certamente era posta in posizione strategica sulla massima altezza del monte, ed era raggiungibile tramite la strada comunemente detta dello Scoppio (l’antica Scopulum) che partiva da Firenzuola e portava al sito. La strada aveva un tragitto prima in salita e poi in discesa, e poteva essere la via principale per il trasporto di materiali e acqua atti alla costruzione del tempio. Esisteva poi un’altra strada, molto più breve, sul crinale del Monte Cedio che purtroppo è stata quasi del tutto cancellata dal tempo. Oggi il sito – prosegue la Felli – si presenta molto isolato, con percorsi quasi inagibili e una volta raggiunto, purtroppo, poco riconoscibile, in quanto la vegetazione e l’abbandono hanno fatto il resto”.

Ma non tutto è andato perduto: “Da quello che a prima vista si può ancora scorgere – conferma la dottoressa Felli – sembra consti di due livelli di costruzione, sicuramente risalenti a epoche diverse. La prima, posta più in basso, mostra blocchi ben lavorati, squadrati e assemblati, risultando perfettamente allineata nelle sue proporzioni. Rimanda, forse, ad epoca medievale, e potrebbe essere ciò che resta di un eremo o monastero. Gli angoli risentono di una tecnica costruttiva certamente avanzata e i blocchi, ben squadrati, sono legati assieme da una malta che li stabilizza. Vi sono, nel perimetro murale, delle cavità di cui non è chiaro l’utilizzo”.

Salendo ancora di poche decine di metri, sotto la guida esperta di Laurenti, si raggiunge il secondo manufatto, senza dubbio più antico e interessante. “E’ una cinta muraria in blocchi di pietra sgrossati – riferisce Loredana Felli – sovrapposti senza l’utilizzo di malte leganti. I blocchi, di proporzioni maggiori dei precedenti, sono lavorati in modo molto più primitivo e mostrano tracce di lavorazione appena accennate. Malgrado l’area sia ormai quasi completamente coperta dalla vegetazione, sembra comunque di intravedere la cinta muraria di un tempio sacrificale Proto Umbro o, comunque, preromano. Il tempio, o ara sacrificale, potrebbe inserirsi in un sistema di siti d’altura a carattere religioso che si ponevano tra i 600 e i 1000 metri di altezza e che spesso, grazie alla loro collocazione, potevano collegarsi tra loro anche dal punto di vista visivo”. Occorre infatti pensare che ciò che oggi è un immenso querceto senza soluzione di continuità, un tempo era pascolo pulito con visuale estremamente più ampia per l’occhio umano, rendendo possibile scorgere manufatti da una cima all’altra dei Monti Martani. E non è tutto.

“Il ruolo di queste costruzioni – aggiunge la Felli – spesso rivelava precise conoscenze astronomiche: la loro posizione era, infatti, perlopiù orientata nella direzione dei solstizi annuali. Sebbene sia ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive, la scoperta fatta a Colle Cedio merita certamente di essere approfondita, con la comunità scientifica che è chiamata a indagare queste nuove evidenze e a scoprire se questo colle possa davvero rivelarsi un nuovo sito votivo Proto Umbro, a cui potrebbe essere seguita la costruzione di un eremo poi dimenticato”.

Insomma, la storia di Colle Cedio, così come quella di molti altri siti dei Monti Martani, è ancora tutta da scrivere e non è affatto da escludere che un’indagine approfondita potrebbe sia fare luce sulle scoperte di Nazzareno Laurenti sia, soprattutto, arricchire la comprensione del culto e delle tradizioni religiose delle antiche popolazioni umbre.

“L’auspicio – conclude la dottoressa Felli – è che si possa portare alla luce il patrimonio culturale che attualmente si nasconde sotto terra a colle Cedio. E’ infatti probabile che ad attenderci ci siano nuove scoperte sugli antichi culti che, secoli fa, hanno animato queste terre”.



I commenti dei nostri lettori

Carlino

7 giorni fa

Credo che poche cose siano elettrizzanti come fare queste scoperte. Complimenti alle persone citate nell'articolo, e auguri di fare scoperte sempre più importanti

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