cultura e spettacolo
Intervista a Giorgio Bongiovanni
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Intervista a Giorgio Bongiovanni
A tu per tu col regista di A Hand of Bridge e I due Timidi, al Teatro Menotti di SPoleto dal primo al 3 settembre
A Hand of Bridge e I due timidi: com’è stato lavorare su due testi all’apparenza così distanti? Quale crede sia il legame e quali le differenze? "Le due opere solo in apparenza sono molto distanti. Perché appartengono a due mondi e a due culture parecchio diverse: l’una a quella italiana borghese, della provincia italiana degli anni Cinquanta (I due timidi) mentre l'altra ha un'ambientazione americana di coppie altolocate che giocano a bridge (A Hand of Bridge). Ma entrambe le opere raccontano una vicenda di solitudine: i quattro giocatori non riescono a comunicare tra di loro, anche se giocano insieme, perché ciascuno insegue i propri pensieri, così come i due giovani innamorati nei Due Timidi non riescono a comunicare il loro amore e finiscono per sposare accidentalmente la persona sbagliata. Abbiamo lavorato cercando una recitazione piuttosto essenziale e naturale e cercando di evitare tutti i manierismi del melodramma lirico tradizionale".
Ormai è uno dei registi di punta dello Sperimentale. Cosa si prova a tornare a Spoleto e lavorare con dei giovani cantanti che devono avviarsi al debutto? "Vengo qui a Spoleto da circa 17 anni, quindi ormai mi sento del posto. Qui ritrovo tutti gli anni non solo le persone con cui lavoro al Teatro Lirico Sperimentale, ma anche i luoghi, le strade, i bar, i ristoranti e gli angolini che ormai mi ricordano 17 anni di vita. Lavorando allo Sperimentale ho anche conosciuto 17 generazioni di giovani cantanti, alcuni dei quali oggi sono lanciati in carriere anche molto fortunate, e con alcuni di loro abbiamo spesso mantenuto degli ottimi rapporti d'amicizia. Ritrovarli a Milano, alla Scala, o in altri teatri importanti, dove loro ormai interpretano parti di primo piano e sono trasmessi in mondovisione dalla Rai, è sempre una grande emozione. Questo rende il mio rapporto con lo Sperimentale ancora più familiare".
Quale pensa possa essere il ruolo del teatro e della cultura nel mondo di oggi? "È molto difficile rispondere in poche parole a un argomento così complicato. Noi che facciamo questo lavoro ci poniamo continuamente questo genere di domande. Io vengo dalla prosa: sono attore e la mia prima formazione è quella della recitazione e della regia di prosa. Ma insieme a questa mia attività ho un’antichissima passione per la musica e soprattutto per la lirica, per questo motivo mi trovo molto bene a lavorare nel teatro musicale. Per rispondere alla domanda sul ruolo che ha il teatro nel mondo di oggi mi viene da dire che oggi viviamo in un mondo di poche parole, di pochi click, il mondo iper-veloce della comunicazione attraverso internet. In apparenza il teatro potrebbe non avere senso in un mondo di questo genere. Secondo me invece la funzione del teatro oggi è quella che è sempre stata: raccontare delle storie, prendendo il tempo necessario al racconto. Lo scopo del teatro, oggi come ieri, è di farci riflettere sulle storie che racconta per scoprire qualcosa di più sulla nostra stessa condizione umana. Le storie che vediamo a teatro parlano di noi e ci fanno riflettere sulla nostra stessa esistenza. La stessa vicenda dei Due Timidi è una storia che può accadere a ciascuno di noi. Ci mostra come la vita a un certo punto fa le sue scelte al di là di quello che decidiamo noi. Noi vorremmo fare una cosa, magari meravigliosa, ma il destino ci porta da un'altra parte. Questa piccola storiella ci insegna qualcosa su di noi. Da quando è nato il teatro è sempre stato questo, dall'epoca greca fino a oggi. E io credo che continuerà a essere così. Malgrado le velocità di Internet".
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