le interviste di Sol

Marco Rizzo: 'Non vogliamo rappresentare i lavoratori, vogliamo renderli protagonisti'

 

Il segretario del Partito Comunista al taccuino di Spoletonline

 

Marco Rizzo, segretario nazionale del Partito Comunista, si è recato in visita a Spoleto per incontrare la sezione umbra e fare il punto sullo stato dell'arte circa la formazione e strutturazione del partito anche nella piccola regione dell'Italia centrale. Spoletonline è riuscito ad intercettarlo a margine della


riunione con i quadri umbri del partito, per conoscere meglio i dettagli del nuovo progetto politico ed offrirli ai propri lettori.

Marco Rizzo, di partiti che ostentano la falce e il martello in Italia ce ne sono diversi. Quali sono le reali differenze che vi contraddistinguono rispetto agli altri soggetti politici che si professano comunisti? "Tanto per cominciare noi vogliamo fare quel che diciamo, vale a dire cercare di organizzare i comunisti in Italia. Pertanto, guardiamo alle elezioni come a un'occasione per farci conoscere e non necessariamente per farci eleggere. Le elezioni sono per noi degli appuntamenti con i cittadini, una parte dell'attività del partito, a differenza delle altre formazioni per le quali la tornata elettorale rappresenta il fulcro dell'attività. Noi non abbiamo l'ansia di essere eletti, gli altri sì: tant'è che nella maggior parte dei casi gli altri rinunciano al simbolo comunista sulla scheda elettorale pur di provare a raggiungere il quorum per entrare a prendere delle poltrone nei vari consessi istituzionali. Per noi questo discorso non esiste".

Qual è l'elettore del Partito Comunista secondo Marco Rizzo? "Sicuramente il lavoratore, ma anche il piccolo commerciante, il piccolo agricoltore o il piccolo artigiano. Noi vogliamo che i grandi mezzi di produzione industriale, terziaria, dei trasporti, insomma gli assi portanti dello Stato tornino in mano allo Stato per essere affidati alla gestione dei lavoratori. Cosa c'è di più democratico che decidere cosa produrre, quanto produrre e come produrre, cioè dare il vero potere politico alle persone che producono davvero la ricchezza del Paese?".

Quanto è cresciuta la proletarizzazione del ceto medio, in Italia, negli ultimi 20 anni? "La proletarizzazione nel Paese è cresciuta in maniera impressionante, al punto che oggi il ceto medio è talmente assottigliato che possiamo tranquillamente affermare che l'80-90% della popolazione vive del proprio lavoro e versa in condizioni di disagio. Eppure viviamo una situazione che ci vede di fronte a due fenomeni inversamente proporzionali: tanto più avanza la proletarizzazione del Paese, tanto meno la classe lavoratrice possiede coscienza di sé. In teoria oggi il proletariato dovrebbe avere maggiore forza politica e soggettiva, ma in realtà non è così".

Questo processo di annichilimento Lei a chi lo imputa? "A tanti fattori. Per primo alla capacità del capitale di concentrare le ricchezze nelle mani di pochi e di obnubilare questo processo, che infatti rimane nascosto".

In che modo lo si nasconde? Con la cultura del superfluo? "Non solo con il superfluo, che è tipico del capitalismo, ma col semplice fatto che oggi non sai chi sono questi grandi capitalisti, gli otto più ricchi del mondo che detengono la ricchezza della metà del pianeta. È quindi difficile identificare il nemico. Se tu pensi che la destra e i sovranisti per nemico hanno l'immigrato, oppure che l'antipolitica come nemico ha la casta... Si tratta di nemici tangibili, visibili, noti, che si percepiscono e che possono dare o non dare fastidio. Ma il male della società risiede altrove, solo che tutta questa gente non riesce ad identificarlo come nemico. In fondo il problema è tutto qui: riuscire ad identificare il vero nemico e combatterlo".

Insomma è una questione di percezione sociale. "Certamente. Il conflitto vero è sempre quello fra capitale e lavoro, cioè tra chi detiene finanziariamente le corde del dominio e del comando e quelli, invece, che stanno sotto e che non si rendono neanche conto della loro condizione. E così, anche se il capitale versa in tremenda crisi, riesce comunque a conservare delle grandi capacità di nascondere questo fatto. E poi ci sono le colpe della sinistra".

Eccoci arrivati al "dunque"... "Sono colpe enormi, quelle della sinistra italiana, che non ha saputo svelare e combattere questi nemici e che anzi, e mi viene in mente il Partito democratico, corre dietro questa globalizzazione, è conseguente a questa globalizzazione. Eccoli, gli errori che vengono proprio da casa nostra. Le peggiori riforme di destra di questo Paese - che anzi sono controriforme - le ha fatte proprio il centrosinistra. Partendo da lontano, dalla professionalizzazione degli eserciti e dalla fine della leva militare del popolo, per arrivare all'appello alla 'coscienza' alle banche, passando per il cosiddetto 'nuovismo' e la cultura dell'innovazione fine a se stessa, non finalizzata al progresso civile generale. Gli uomini della sinistra sono stati i più inquadrati rispetto al sistema e quindi hanno tradito la loro idea essenziale. Ricapitolando, da una parte i padroni hanno fatto il loro lavoro e lo hanno anche fatto bene; dall'altra la sinistra non solo si è dimostrata inadeguata, ma anche succube e subalterna di questo sistema".

E quindi connivente? "Sì, senz'altro. C'è una connivenza stretta non solo riguardo la vicenda politica ma anche rispetto alla storia sindacale di questo Paese. La fine del sindacato di classe e conflittuale, in Italia, si sposa con l'avvento del sindacato conservativo. Dopo vent'anni di conservazione, probabilmente il sindacato non serve più neanche ai padroni, e può darsi che proprio dai padroni Cgil, Cisl e Uil vengano liquidati con un calcio nel sedere, perché tanto ormai hanno fatto il loro sporco lavoro e non servono più".

Perché, in conclusione, votare comunista nel 2018? "Più che votare, noi vogliamo organizzare i comunisti. Il voto è una delle nostre attività, ma probabilmente non è neanche quella principale. Noi usiamo il voto per organizzare i comunisti affinché siano punto di riferimento e di rappresentanza protagonista, e non di sola rappresentanza politica".

Spesso, nei dibattiti, si sente dire che i lavoratori non sono rappresentati. "Noi non vogliamo rappresentare i lavoratori: noi vogliamo renderli protagonisti".



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I commenti dei nostri lettori

Un commento al volo

8 anni fa

Mi sfugge il quasi disinteresse di Rizzo per le elezioni. I comunisti sono oggi marginali perché alla prova dei fatti nell'Est hanno fatto qual che hanno fatto, tuttavia la sinistra nostrana che ha abiurato è finita ancora peggio, se ciò fosse possibile, divenendo la destrucola moderatina che conosciamo. Servirebbe una nuova sinistra (non la terza via per caritá!) che si basasse su una nuova ideologia organica...ebbene questa teoria esiste e si chiama "Modern Monetary Theory", occorre studiarla perché è molto complessa, ma ne vale la pena perché tende a tutelare quelli che per vivere debbono lavorare.

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