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EZIO BREVI: 'STARE SENZA CALCIO FA MALE. MA LA SALUTE VIENE AL PRIMO POSTO'

 

 

Gli allenamenti del calcio nei centri sportivi ripartono dal 18 maggio. A mettere tutti d’accordo (si fa per dire), è stato un post su Facebook del ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora. “Non è cambiato nulla rispetto a ciò che ho sempre detto sul calcio. Gli allenamenti delle squadre non avranno inizio prima del 18 maggio”. Nel giorno in cui l’Italia riapre ma non riapre, il calcio riparte. Ma solo per gli allenamenti individuali.


Una situazione paradossale. Che, comunque, non riguarda i dilettanti. I quali hanno abdicato ad ogni speranza di ripartenza della stagione. Almeno così la pensa il tecnico della Ducato, Ezio Brevi. Che vive questa situazione surreale anche come genitore di tre figli di belle speranze: Tommaso, 18 anni, Francesco, di 16 e Bibiana di 9 con un futuro tra calcio e danza.

L’uomo di Milano nato per caso a Roma, da quando il cuore lo ha portato a Spoleto (galeotto fu l’ufficio della Jazz Viaggi del compianto Poldo Corinti dove lavorava la moglie Angela) ha anche altri interessi imprenditoriali oltre al calcio. Senza pallone si può anche vivere. E’vero. Ma la sofferenza di chi ha ricevuto tanto da questo mondo (è di questi giorni la sua nomination della rivista Forza Fere nella formazione della Ternana più forte di tutti i tempi) brucia come il sale sulle ferite.

Ezio Brevi, come si sta senza calcio?

“E’ una condizione che purtroppo dobbiamo accettare – dice il tecnico gialloverdeblu -. Viviamo in una situazione di eterna attesa, nella speranza che si apra uno spiraglio. Che, francamente, ancora non si vede. Ci hanno privato del nostro mondo e delle emozioni più belle che solo chi lo ha vissuto appieno può avere ricevuto. Per il calcio di serie A, francamente, sono molto preoccupato. E’ vero che il calcio dà linfa ad un intero sistema economico, che genera occupazione e Prodotto interno lordo. Bisogna, però, vedere se lo vogliono far ripartire per meri interessi di parte legati agli sponsors ed ai diritti televisivi, o per la passione dei tifosi. Francamente, in queste condizioni, quando non si ha la certezza che la salute dei giocatori e degli addetti ai lavori sia salvaguardata appieno, io ci penserei non una ma dieci volte nel correre un rischio di questa portata. La vita delle persone vale più di ogni altra cosa”.

Cosa bisogna fare per ripartire senza traumi dopo uno stop così lungo?

Se dovessero darci l’ok per riprendere – spiega Brevi -, avremo bisogno di tempo per riguadagnare condizione fisica e mentale. Ma, ripeto, per far ripartire il calcio occorrono sicurezze ed accorgimenti tali da poter ridurre al minimo i rischi di contagio. Ed in questo momento, sino a quando la scienza non ci darà le soluzioni, ogni fuga in avanti mi sembra azzardata”.

I ragazzi del settore giovanile, a suo giudizio, sapranno recuperare dopo essere stati mesi senza giocare una partita?

“Io credo che il problema maggiore sarà legato alle preoccupazioni dei genitori: mantenere le distanze, sanificare gli ambienti comuni, pulire continuamente gli spogliatoi, sono le problematiche che si dovranno affrontare per fare in modo che i nostri ragazzi possano riprendere a praticare il loro sport preferito in tutta sicurezza e pensando solo alla loro crescita fisica e mentale”.

Il suo futuro lo vede ancora insieme alla Ducato?

“Non mi stancherò mai di ringraziare questa società per l’opportunità che mi ha dato in un momento personale e familiare molto difficile e doloroso – ricorda l’ex capitano delle “Fere” -. In questo momento non posso dirlo. Spero solo che rimangano in società personaggi importanti come Luigino Santirosi, Stefano Proietti Costa e Filippo Ferroni. Senza il loro apporto non vedo come si possa continuare a gestire un campionato impegnativo come quello di Eccellenza”.

C’è un rammarico che si porta dietro, al di là dell’esito drammatico di questa stagione?

“Io sono un uomo di campo ed insegno calcio, perché ho avuto nella mia carriera tanti allenatori che sono stati veri e propri maestri e che mi hanno fatto fare il salto di qualità dal dilettantismo al professionismo – conclude Brevi -. Il mio rammarico è stato quello di non poter allenare alle 15 di pomeriggio, in condizioni logistiche e ambientali sicuramente migliori. Avrei voluto dedicarmi con maggior attenzione alla crescita di qualche ragazzo, come sono abituato a fare. Ma non potevo pretendere di più da questi ragazzi che, una volta smessa la tuta da operaio, hanno indossato quella di calciatore. Solo chi punta a vincere può permetterselo. E questo non era il caso nostro”.   

Chapeau, grande cuore rossoverde!



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