cultura e spettacolo

Spoleto 58: La tragedia della guerra e di Auschwitz in 'Kamp', della 'Hotel Modern'

 

Silenzi e quotidianità di un orrore attraverso un plastico in scala e dei pupazzi

 

"Kamp" porta al Festival dei Due Mondi l'orrore della seconda guerra mondiale attraverso lo strumento probabilmente meno comune: tremila pupazzetti alti 8 centimetri fatti a mano che rappresentano i prigionieri dei lager nazisti e i loro carnefici. In scena all'interno della chiesa di San Simone c'è un


 plastico in scala del campo di Auschwitz composto da baracche sovraffollate, pali per le impiccagioni, un binario ferroviario, una caserma, filo spinato, camere a gas (in cui viene ambientata una delle scene più forti), forni crematori e un cancello d'ingresso con la scritta "Arbeit Macht Frei", "Il lavoro ti rende libero". La compagnia teatrale "Hotel Modern" si muove sul palcoscenico come fosse un reporter filmando gli eventi con una telecamera in miniatura portando a conoscenza del pubblico le ingiustizie perpetrate nel lager. La musica qui, almeno per larghi tratti dello spettacolo, è bandita: c'è spazio solo per un vento gelido che aumenta la sensazione di trovarsi in un ambiente ostile e desolato. A far crescere l'inquietudine è anche il fatto che al posto degli occhi i deportati, creati con l'argilla e fil di ferro, hanno delle cavità nere che deforma il loro viso richiamando quasi quello de "L'Urlo" di Munch.
Herman Helle, Pauline Kalker e Arlène Hoornweg, dichiaratamente antimilitaristi, dal 2005 stanno girando il mondo presentando "Kamp" in 19 paesi e 49 città, fra le quali New York, Adelaide e Tokyo (ad ottobre saranno invece a Torino). L'opera è ormai ritenuta un cult per vari motivi: in primis la capacità dei tre componenti di "Hotel Modern", abili a muoversi sul palcoscenico sempre all'unisono come fossero in simbiosi, di ricreare nel più piccolo dettaglio il campo di concentramento polacco utilizzando soltanto sabbia, carta, cartone e mattoni. In secondo luogo la durezza del racconto. La telecamere non risparmiano i dettagli più truculenti della vita quotidiana nel lager facendo rivivere, suoni compresi, davvero l'incubo vissuto in quegli anni dalle persone tenute prigioniere dai tedeschi, anche grazie all'acustica della chiesa di San Simone che si conferma la location migliore per ospitare gli spettacoli "fuori dalle righe" delle varie edizioni del Festival dei Due Mondi.
Nel 2011 era stata la volta de "Il Castello" di Franz Kafka mentre due anni era toccato a "La trilogia delle isole" di Irina Brook. "Kamp", però, a differenza di quest'ultimi non punta all'intrattenimento o a scatenare facili emozioni: al contrario vuole essere volutamente duro, con dei tocchi artistici e poetici, per far capire agli spettatori gli errori commessi dalla società in passato al fine di prevenirne altri. E vivere gli incubi di Auschwitz attraverso dei "puppets", solitamente impiegati in ben altra tipologia di spettacolo, è di certo uno dei metodi più originali per farlo.


 



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